Gli adattogeni per il sistema immunitario: una possibile strategia “protettiva”
Journal of Microbiology, Immunology and Infection 45.3 (2012): 165-184. Elsevier®.
“A review of immunomodulators in the Indian traditional health care system.”
Kumar, Dinesh, et al.
In questi giorni di comprensibile ansia per le problematiche imposte dall’epidemia da Coronavirus sono aumentate le esigenze di tutela della propria salute e conseguentemente sono aumentati i consumi e la richiesta di prodotti, prevalentemente naturali, per sostenere l’efficienza difensiva del sistema immunitario.
Come premessa deve essere evidenziata, per una efficace strategia protettiva, la priorità del seguire con coscienza e consapevolezza le linee guida profilattiche consigliate dalle autorità competenti e dell’adottare un stile di vita sano che comprenda un’alimentazione sana e ricca di nutrienti naturali che direttamente od indirettamente sostengano e rafforzino la natura efficienza del sistema immunitario.
A questi comportamenti, prioritari per importanza, possono associarsi poi strategie complementari per ottimizzare i loro effetti protettivi a favore dell’organismo; tra queste strategie è compresa anche quella dell’assunzione complementare di integratori naturali di qualità per ottimizzare ulteriormente le capacità protettive del sistema immunitario rispetto a possibili aggressioni di patogeni.
Come noto la moderna ricerca farmaceutica applicata all’integrazione naturale mette a disposizione una gamma molto vasta di preparati a favore dell’efficienza immunitaria; questi preparati spaziano dall’integrazione vitaminica alla supplementazione di oligoelementi, di piante medicinali, più attualmente di funghi, e di moltissime altre sostanze naturali di diversa tipologia; bisogna tener conto poi delle innumerevoli proposte di associazioni delle sostanze di cui sopra.
Se da un lato l’uso ed il consiglio di integratori immunomodulatori a base di vitamine, minerali, etc. sono altamente sostenuti da evidenze farmacologiche e cliniche,da un altro lato una certa difficoltà di orientamento potrebbe generarsi per i preparati a base di piante medicinali (o funghi) poiché spesso la relativa comunicazione “commerciale” e la loro generale conoscenza tende a identificarli come “equivalenti” nella loro utilità.
Nella realtà soprattutto per quanto relativo alle piante medicinali e ai funghi utili per la funzionalità del sistema immunitario esistono precise differenze di indicazione sulla base del preciso meccanismo d’azione dei diversi complessi di bioattivi in essi contenuti.
Nella fito-farmacologia e nella farmacognosia applicata l’argomento della “immunomodulazione” è uno dei più complessi ed affascinanti.
In questa newsletter tenteremo di sintetizzare questo vastissimo argomento nei suoi fondamenti e di proporre un focus sull’impiego specifico delle piante medicinali “adattogene”, in particolare di Withania somnifera Dunal e Rhodiola rosea L., come “immunomodulatori” anche con finalità protettive; un elevato numero di queste piante medicinali, per il periodo nel quale vengono assunte, offrono un significativo razionale protettivo anche nei confronti dell’aggressione di patogeni virali e batterici rafforzando globalmente il sistema immunitario ed associano inoltre anche un importante ruolo “antinfiammatorio”; sull’argomento sono molto interessanti gli studi che suggeriscono che la riduzione ed il controllo degli stati infiammatori con piante medicinali (es. Boswellia serrata Roxb.) possa ridurre il rischio di infezione virale (ad esempio delle mucose anche delle prime vie aeree) riducendo gli effetti pro infettivi di particolari sostanze (Immunoglobuline) che l’organismo produce durante i processi infiammatori (ICAM-1). [1,55]
La newsletter prende solo lo spunto, per le sue argomentazioni, da un articolato studio del 2012 pubblicato da Journal of Microbiology, Immunology and Infection (Elsevier®) che rappresenta un’ottima lettura per la conoscenza delle piante medicinali ad effetto “immunomodulatorio” impiegate nella Medicina Tradizionale indiana che insieme a quella cinese hanno storicamente studiato e utilizzato un gran numero di piante medicinali “immunostimolanti” fondando su di esse una parte sostanziale del loro approccio clinico.
Molte piante medicinali “immunomodulanti” note in queste culture mediche tradizionali sono oggi ampiamente studiate ed impiegate anche nelle Medicine Complementari occidentali.
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I preparati alleati del sistema immunitario
Tradizionalmente in fitoterapia i preparati che agiscono a favore dell’efficienza del sistema immunitario vengono definiti “immunostimolanti” tuttavia con le crescenti conoscenze scientifiche su di essi, questo termine è diventato sempre più aspecifico e semplicistico; più modernamente questi preparati dovrebbero essere definiti come “immunomodulatori” poiché possono agire sul sistema immunitario con modalità molto diverse e in non pochi casi per un effetto immunosoppressore su alcune popolazioni linfocitarie e viceversa. [3]
Tra gli “immunodulatori” possiamo trovare preparati a base di diversi attivi naturali, come piante medicinali, funghi, complessati anche con altre sostanze (vitamine, zinco, etc.).
Tra gli “immunomodulatori” sono annoverate numerose droghe vegetali [2]; queste potrebbero, con una semplificazione, essere suddivise in due gruppi di cui il primo che comprende piante medicinali molto note per i loro effetti preventivi immunomodulatori (Echinacea, Uncaria tomentosa, etc.) che agiscono prevalentemente con meccanismi diretti nei confronti della risposta immunitaria “aspecifica” (solo in pochi casi, es. Echinacea, è dimostrato che questi officinali possano sollecitare meccanismi immunitari più profondi specifici); il secondo gruppo comprende altre potenti piante medicinali (es. Rodiola, Ashwagandha, Schisandra chinensis, Ginkgo biloba, etc.), più note per i loro effetti “adattogeni” [40] ma che tuttavia esercitano significativi effetti “immunodulatori” protettivi con meccanismi d’attività neuroendocrini molto complessi che determinano evidenti effetti diretti sulla risposta immunitaria sia aspecifica che specifica; questo secondo gruppo di preparati offre un aiuto non solo per la “prevenzione” e la “protezione attiva” in situazioni di maggior rischio di aggressione da parte di patogeni così come anche in specifiche situazioni patologiche (es. Withania somnifera in oncologia).
Come “protettori attivi” potrebbero invece essere definiti altri preparati naturali (oli essenziali, propoli, degli estratti di semi di pompelmo, etc.) che affiancano anch’essi l’efficienza del sistema immunitario, tuttavia attraverso meccanismi antinfettivi diretti (antivirali e/o antibiotico simili) mirati a neutralizzare il patogeno (inibendone la replicazione o la cito patogenicità); a questa seconda categoria appartengono anche gli oli essenziali di diverse piante medicinali storicamente usate, anche per scopi terapeutici, a favore in particolare della funzionalità delle vie aeree.
Le droghe vegetali immunomodulatrici appartenenti, nella semplificazione, al primo gruppo di cui sopra, agiscono prevalentemente grazie alle componenti polisaccaridiche [10] dei loro fitocomplessi; esse agiscono con un meccanismo prevalente di tipo “antigene mimetico” di superficie su cellule dell’immunità aspecifica (macrofagi, granulociti, leucociti, linfociti NK) e su fattori umorali (lisina, interferone, interleuchine, complemento, ecc.) [3]; le piante di questo gruppo solo indirettamente sarebbero in grado di coinvolgere l’immunità specifica, come ad esempio il coinvolgimento della proliferazione linfocitaria T e B, come conseguenza, a valle, dell’attivazione dei macrofagi; tra queste piante medicinali si distinguono tuttavia alcune specifiche specie di Echinacea [11] che dimostrano capacità più dirette di coinvolgere l’immunità specifica; è interessante notare che queste specie di Echinacea concentrano nei loro fitocomplessi non solo famiglie di polisaccaridi ma anche di altre sostanze polifenoliche e steroidali. [56]
Gli immunomodulatori aspecifici risultano utili nei casi di terapie a lungo termine con chemioterapici o immuno deprimenti; possono essere utili anche per la profilassi di metastasi, dopo la rimozione del tumore primario e di infezioni virali o batteriche delle vie respiratorie ed urogenitali. Così pure sono indicati nei casi di leucopenie e, come coadiuvanti, nel trattamento antibiotico di infezioni batteriche quali bronchiti, faringiti, sinusiti, otiti. È chiaro che le piante ad attività immunomodulatrice sono più indicate per la profilassi e la terapia di infezioni modeste delle vie respiratorie ed urogenitali, mentre i componenti puri o gli oli essenziali delle piante possono trovare utilità anche nei casi pre-acuti di infezioni virali o batteriche come contrasto non solo delle cause del problema ma anche sulla relativa sintomatologia. Poiché queste sostanze si somministrano per un lungo periodo di tempo è necessario che gli immunomodulatori siano sicuri e ben tollerati. [3]
Le droghe vegetali appartenenti al secondo gruppo agiscono sull’immunità sia aspecifica che specifica con un meccanismo molto complesso; queste piante medicinali, che dimostrano anche potenti effetti adattogeni fisici e mentali, si caratterizzano per la presenza nel loro fitocomplesso di sostanze prevalentemente steroidali spesso coniugate con polisaccaridi; esse dimostrano di agire favorendo la disponibilità di neurotrasmettitori (principalmente serotonina e dopamina) modulando la complessa relazione bidirezionale [40] neuroendocrina tra asse ipofisi-ipotalamo-surrene e sistema immunitario la cui interrelazione [8] è nota (es. Aswagandha). Come descritto di seguito queste piante medicinali esercitano effetti non solo di attivazione immunitaria aspecifica ma dimostrano di agire positivamente sull’immunità specifica riducendo gli effetti immunosoppressori dell’eccesso di corticosteroidi [8,9] traducendosi, ad esempio, in una maggiore vitalità e efficienza linfocitaria. E’ inoltre utile sottolineare che le droghe di queste piante medicinali esercitano spesso anche effetti anti infiammatori diretti. [12]
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Gli adattogeni come immunomodulatori
Al gruppo di piante medicinali “immunomodulatrici” appartengono a pieno titolo anche alcune piante medicinale più frequentemente conosciute per effetti adattogeni psico-fisici intesi come preparati finalizzati al “recupero” in periodi di esaurimento di forza fisica e mentale; nella classe delle “sostanze adattogene” rientrano anche tutte le sostanze immunomodulatrici (Lazarev,1947).
Nel 1947 Nikolai Lazarev definì per primo il concetto di sostanza adattogena intesa come:
“una sostanza farmacologica capace di indurre in un corpo uno stato di maggiore resistenza non specifica che contrastava i segnali di stress e si adattava ad uno sforzo eccezionale”.
Si deve poi successivamente a Israel Brekhman (1968) la definizione degli effetti specifici che queste sostanze devono possedere e cioè: aumentare in modo non specifico la resistenza del corpo nei confronti di diverse “aggressioni” esterne (biologiche: virali/batteriche, chimiche, fisiche); esercitare effetti normalizzanti, indipendentemente dai cambiamenti delle norme fisiologiche; essere prive di tossicità e non modificare le fisiologiche funzioni dell’organismo.
Una ulteriore utile classificazione delle sostanze adattogene è stata poi suggerita dal ricercatore Cristopher Hobbs che le raggruppa in tre categorie principali: adattogeni, stimolanti immunitari di superficie e tonici immunitari. Secondo Hobbs gli adattogeni (Rodiola, Ashwagandha, Schisandra, etc.) aumentano l’immunità sostenendo e bilanciando il sistema endocrino (ghiandolare) supportando le funzioni surrenali, migliorando l’utilizzo cellulare dell’ossigeno e aumentando la respirazione cellulare. Come noto un indebolimento surrenale provoca stanchezza e soppressione dell’immunità aspecifica e specifica; gli stimolanti immunitari di superficie (Echinacea, Uncaria tomentosa, alcuni funghi e lieviti) stimolano prevalentemente l’attività dei macrofagi; i tonici (alcuni funghi) immunitari andrebbero intesi come sostanze di “riserva” del midollo osseo, da cui vengono prodotti i macrofagi e tutte le altre cellule del sistema immunitario (cellule T) e i globuli rossi.
Sempre secondo Hobbs ognuna di queste tipologie di sostanze, funzionando in modo diverso, dovrebbe essere utilizzata in condizioni specifiche. [4]
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- Hobbs, Christopher. Medicinal mushrooms: an exploration of tradition, healing, and culture. Book Publishing Company, 2002
L’attività immunomodulatoria degli adattogeni
Il razionale d’impiego di piante medicinali adattogene a sostegno della funzionalità del sistema immunitario fonda sulla loro prevalente capacità di modulare l’attività neuroendocrina dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e di sfruttarne quindi i relativi effetti, come noto, sulla attivazione dei macrofagi e sulla proliferazione e differenziazione linfocitaria T e B contrastando gli effetti immunosoppressivi dell’eccesso di corticosteroidi. [5]
Alla base di questa spiegazione meccanicistica fonda l’evidenza che gli assi neuroendocrini non sono solo autostrade parallele che uniscono cervello-ipofisi-ghiandole endocrine con i tessuti bersaglio ma, tramite scorciatoie e collegamenti laterali (definiti “feedsideward”), formano un vero e proprio network endocrino a sua volta strettamente connesso con i networks nervoso e immunitario. [6]
E’ dimostrato che le più note piante medicinali adattogene (Rodiola, Ashwagandha, Eleuterococco, Gingo biloba, Ginseng, etc.) sono in grado di promuovere la disponibilità dei principali neurotrasmettitori circolanti (serotonina, dopamina, etc.) [7,40] e che questi effetti si riflettano positivamente sulla generale attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, che risulta strettamente correlata con una migliore efficienza immunitaria. [8]
La positiva modulazione dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene non avrebbe solo i noti riflessi positivi sulla generale vitalità linfocitaria ma limiterebbe anche il rilascio di interleuchine pro-infiammatorie; in più studi è stato chiarito che esistono evidenti rapporti bidirezionali tra asse ipotalamo-ipofisi-surrene e sistema immunitario (risposta aspecifica e specifica) ed in uno studio in particolare è stato dimostrato questo rapporto in presenza di infezioni virali. [9]
Per le motivazioni di cui sopra le piante medicinali “adattogene” impiegate come “protettori” dimostrerebbero un razionale d’efficienza completo perché sarebbero in grado di agire sulla risposta immunitaria anche a livelli più profondi (anche specifica linfocitaria) rispetto ad altre sostanze che agirebbero prevalentemente sulla risposta immunitaria aspecifica.
Per queste considerazioni in generale le sostanze naturali adattogene possono aiutare l’organismo in senso “protettivo” rispetto ad aggressioni di patogeni ed essere utili anche per affrontare lo “stress mentale ” collegato alla percezione della loro pericolosità.
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40. Wilson, Laura. “Review of adaptogenic mechanisms: Eleuthrococcus senticosus, Panax ginseng, Rhodiola rosea, Schisandra chinensis and Withania somnifera.” Australian journal of medical herbalism 19.3 (2007): 126.
Rhodiola e Ashwagandha
In alcuni casi queste piante a prevalente effetto adattogeno associano anche effetti antinfettivi (verso virus e batteri) diretti. [13]
E’ questo il caso di due piante medicinali adattogene come Rhodiola rosea L. (Rodiola) e Withania somnifera Dunal (Ashwagandha) [14] che trovano antico e tradizionale impiego nella medicina tradizionale cinese (Rodiola) e ayurvedica (Ashwagandha) come trattamento specifico ad esempio delle patologie respiratorie risultando attive nel potenziare l’efficienza del sistema immunitario e contrastare le aggressioni virali e batteriche. [15,16,17]
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15. Buhner, Stephen Harrod. Herbal Antivirals: Natural Remedies for Emerging & Resistant Viral Infections. Storey Publishing, 2013.
16. Rosa Huang Liu;Chien-Fu Huang;Tsong-Ming Lu;Shih-Pin Chen;Po-Liang Lu;Chi-Chiang Yang,The immunity and therapy of influenza virus infection. Cellular Immunology & Immunotherapeutic,Volume 1 Issue 1 Page 1-4
17.Ahmed, Maryam, et al. “Rhodiola rosea exerts antiviral activity in athletes following a competitive marathon race.” Frontiers in nutrition 2 (2015): 24.
Rodiola
Rodiola (Rhodiola rosea L., fam. Crassulaceae) è una pianta medicinale di antico uso tradizionale e tra le più studiate anche in tempi recenti. [18,19]
Nel suo uso tradizionale si ritrovano indicazioni diverse come tonico e adattogeno (nella sua moderna definizione) nelle necessità di resistere meglio a fatica fisica e mentale, come rinvigorente, come protettore fisico in climi freddi, come farmaco vegetale per le malattie respiratorie [19] e per ridurre le fisiologiche influenze dell’alta quota sull’ organismo. [20,21]
Rodiola possiede un vasto corredo di letteratura scientifica farmacologica e clinica. [22]
L’analisi delle evidenze osservazionali tradizionali e della letteratura scientifica disponibile sugli usi medicinali più frequenti di Rhodiola rosea indica che questi sono accomunati dalla finalità prevalente di “aiuto” e “supporto” alle fisiologiche capacità di resistenza ed adattamento dell’organismo in presenza di stress fisico o mentale. [23]
Studi clinici recenti si sono concentrati sullo studio delle capacità adattogene [24] di questa pianta medicinale ritenuta preziosa sin dall’antichità; i risultati di questi studi sono omogeneamente concordi nell’attribuire a Rodiola potenti effetti tonici ed adattogeni fisici e mentali. [25,26]
Queste specifiche attività preventive di Rodiola sono state molto studiate e sfruttate ad esempio nell’ex Unione Sovietica ed in Cina dove Rodiola, insieme ad altri adattogeni, viene comunemente somministrata ai militari delle armate per migliorare resistenza fisica (verso patologie, condizioni climatiche, etc.) e prestazioni mentali (concentrazione, attenzione, reattività, etc.). [28,29]
Un crescente numero di studi scientifici sta chiarendo sempre più il ruolo immuno-modulatorio di Rodiola volto al miglioramento della risposta del sistema immunitario in particolari condizioni di sforzo fisico, aggressioni biologiche e fisico-chimiche ed in particolari condizioni di patologia (oncologia); Rodiola dimostra di supportare l’efficienza del sistema immunitario agendo a più livelli sia sulla risposta immunitaria aspecifica che su quella specifica. [30-39]
Gli effetti adattogeni fisici/mentali, antidepressivi e immunomodulatori di Rodiola vengono ricondotti alla capacità di molecole (fenoliche e glicosidiche) aspecifiche (salidroside) e specifiche (rosavine: rosavina, rosarina, rosina, rodiosina) del suo fitocomplesso [41] di promuovere una maggiore disponibilità di serotonina con i relativi effetti nelle disforie, negli stati depressivi minori, in stati di esaurimento ed affaticamento mentale; questi effetti si traducono nell’individuo in una percezione di miglioramento di prestazioni cognitive e mnemoniche (memoria, concentrazione, attenzione, vigilanza, capacità diapprendimento); questi effetti sono stati osservati in popolazioni di studio di età anche molto diversa. [42,43,44]
Come anticipato, seconda letteratura scientifica, Rodiola rosea si comporta come un serotonino agonista ed è nota da gran tempo, per i suoi effetti adattogeni e protettivi tra i popoli nordici.
La Rodiola (in particolare della rosavina che ha maggiore attività biologica) inibisce l’enzima catecol-O-metil-transferasi (COMT), che trasforma la serotonina e la dopamina in sostanze inattive, aumentando in tal modo i livelli nel cervello di questi neurotrasmettitori ad azione antidepressiva e attivante [41] parallelamente Rodiola stimolerebbe il trasporto del 5-idrossitriptofano (5HTTP), precursore della serotonina, attraverso la barriera ematoencefalica. Dall’incremento dei livelli di questi neurotrasmettitori dipenderebbero anche altri effetti di Rodiola nel controllo dell’appetito [54], del sonno, del comportamento, dell’umore, della funzionalità cardiovascolare, della memoria e della capacità d’adattamento. [41]
Nell’antica Mongolia Rodiola rosea veniva comunemente raccomandata per la cura e la prevenzione delle patologie respiratorie minori e indicata come farmaco naturale nella tubercolosi polmonare. [27]
Studi anche molto recenti hanno concluso che Rodiola rosea si dimostra in grado di agire stimolando l’efficienza del sistema immunitario a più livelli [45,50]; questi effetti vengono ricondotti alla capacità del fitocomplesso di modulare positivamente la relazione bidirezionale tra asse ipotalamo-ipofisi-surrene e il sistema immunitario migliorando sia l’immunità aspecifica che quella specifica come dimostrato nel ratto. [46] Nel ratto Rodiola rosea si dimostra in grado di migliorare l’efficienza del sistema immunitario in presenza di infezioni batteriche [47] e in vivo gli estratti di 2 specie di Rodiola (rosea e quadrifida) si dimostrano in grado di stimolare efficacemente l’immunità linfocitaria. [48] Rodiola rosea e la vitamina B6 hanno dimostrato negli studi clinici di esercitare effetti positivi sul sistema immunitario. [51] Uno studio sull’uomo ha concluso che Rodiola rosea ha esercitato significative attività antivirali in un gruppo di atleti professionisti, partecipanti ad una lunga maratona, nei quali comunemente, per l’intenso sforzo fisico continuativo, si instaura una temporaneo indebolimento delle difese immunitarie con conseguenti infezioni respiratorie o erpetiche. [49] Un ulteriore studio ha ottenuto dati clinici promettenti sull’efficacia preventiva e terapeutica di Rodiola rosea nelle infezioni da influenza virus. [16]
Nel 2010 uno studio si è focalizzato sull’importanza del ruolo immunologico di Rodiola rosea e ne ha indicato la generale buona tollerabilità [52]; più recentemente (2017) una altro studio ha suggerito il potenziale ruolo “immunomodulatore” di Rodiola rosea nella prevenzione oncologica. [53]
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Ashwagandha
Ashwagandha (Withania somnifera Dunal) è una pianta medicinale di antico uso tradizionale indiano tra le più recentemente studiate [57,61] ed è molto nota come potente pianta medicinale adattogena [58] utile in periodi di stanchezza fisica e mentale. Tuttavia il suo uso tradizionale come erba “rasayana” nella medicina ayurvedica cioè come pianta “ringiovanente” o più modernamente “anti aging” fonda il suo razionale nei potenti effetti che questa pianta medicinale esercita sul sistema immunitario. Questi effetti, insieme ad altri, hanno portato a studiare Ashwagandha anche in diverse problematiche oncologiche. [59]
Gli effetti adattogeni di Ashwagandha vengono ricondotti ad una famiglia di molecole steroidali (lattoni steroidali) anche in forma glicosilata che sono presenti negli estratti della radice (e delle foglie) e che sono grado di modulare, sembrerebbe con prevalenza dopaminergica, i principali neurotrasmettitori compreso il GABA (da qui l’uso di Ashwagandha anche come ansiolitico naturale). [60,62] Come in Rodiola la modulazione neurotrasmettitoriale (ipotizzata attraverso meccanismi di modulazione di reuptake) anche in Ashwagandha si riflette sull’attività dell’asse ipotalalmo-ipofisi-surrene con tutti gli effetti diretti che questo esercita sulle funzioni aspecifiche e specifiche del sistema immunitario [63]; questo effetto risulta molto studiato per le potenziali applicazioni oncologiche [59] di questa potente pianta medicinale. Poiché nel fitocomplesso di Ashwagandha sono presenti elevata quantità lattoni steroidali coniugati con polisaccaridi, parte dell’attività immunomodulatoria di Ashwagandha viene anche ricondotta agli effetti diretti che questi componenti glicosilati eserciterebbero sull’immunità aspecifica. [64]
Sono numerose le prove scientifiche che indicano gli effetti di Ashwagandha sul sistema immunitario.
Una prima evidenza di questi effetti è stata osservata in vitro in cui la stimolazione di splenociti con LPS (lipopolissaccaride), quando viene aggiunto Ashwagandha, aumenta di 6 volte rispetto a quella indotta da solo LPS [65] e in particolare il witanolide A si dimostra in grado di incrementare la proliferazione dei linfociti-T indotta da Concanavalin A. [66]; il witanolide A si dimostrerebbe in grado di potenziare l’effetto stimolante dei mitogeni sulla proliferazione delle cellule della milza.
Come noto Ashwagandha possiede potenziali anti-infiammatori, come accertato in modelli anche di artrite indotta [67], ed in un modello di infiammazione cronica nel ratto, un estratto di radice di Ashwagandha ha determinato una positiva modulazione della proliferazione dei linfociti in risposta alla somministrazione di un mitogeno (PHA) suggerendo un potenziale antiartritico della pianta medicinale. [68]
Estratti di Ashwagandha, Witaferina A e il Witanolide A sembrano ridurre la soppressione dell’attività delle cellule Th1 indotta dai corticosteroidi; questo effetto si dimostrerebbe in parte dovuto agli effetti anti stress di Ashwagandha (riducendo il cortisolo) ed in parte dovuto ad un meccanismo (indipendente dalla riduzione di cortisolo) di inibizione STAT3.
In vitro in witanolide A, co-somministrato con un mitogeno (PHA), dimostra di contrastare gli effetti soppressivi dell’attività delle cellule Th1 indotta da desametasone [69] mentre nel ratto, con elevate concentrazioni di corticosteroidi nel siero, un estratto acquoso di radice di Ashwagandha dimostra di preservare significativamente la conta delle cellule T totali in correlazione ad una parallela riduzione del cortisolo circolante [70] e il Witanolide A isolato, dato oralmente, nel ratto dimostra di ridurre le concentrazioni di corticosteroidi e di conservare la funzionalità delle cellule T. [66]
Ashwagandha dimostrerebbe altri effetti immuno-supportivi rispetto anche ad altri immuno-soppressori come la ciclosporina o il paclitaxel risultando molto attivo nel contrastare la neutropenia.
La Witaferina A dimostra di sopprimere la secrezione di IL-10 e di ROS da parte delle cellule “Myeloid-derived suppressor cell” (MDSCs)[71] dipendenti dal meccanismo STAT3 [72]; questi effetti soppressivi su IL-10 e ROS hanno dimostrato nel ratto di controllare positivamente la citotossicità tumorale coinvolgendo cellule T CD4 + e CD8 + e riducendo il peso del tumore [71] e un estratto alcolico di Ashwagandha nel ratto, somministrato per via oralmente ha dimostrato in vivo di sopprimere l’attività STAT3. [73]
Nel ratto la somministrazione di ciclosporina (immunosoppressore) determina una riduzione dell’espressione di recettori CD4 + e CD8 + sui linfociti T; in questo modello di studio un estratto metanolico di Ashwagandha, somministrato oralmente, in due settimane ha incrementato i livelli di questi recettori. [74]
Nel ratto la somministrazione orale di un estratto di Ashwagandha (per quattro giorni prima, e per otto giorni dopo, di un’iniezione di paclitaxel) dimostra di attenuare significativamente la neutropenia indotta da paclitaxel [75] fino ad abolirla (con un aumento della conta dei neutrofili rispetto al basale nel gruppo Ashwagandha) con effetti simili ad iniezioni di 25 μg / kg di GM-CSF (Granulocyte-Macrophage Colony-Stimulating Factor). [75]
Ashwagandha dimostra effetti di stimolazione delle cellule T in associazione a effetti di incremento di immunoglobuline e interferoni (IgM e IFNy).
In uno studio sul ratto, un estratto etanolico di Ashwagandha, somministrato per 15 giorni, presentando un antigene al nono giorno, ha determinato un titolo anticorpale di immunoglobuline M (IgM) del 128% ed analogamente un incremento del profilo complessivo dell’immunoglobulina G (IgG) con un incremento dell’Ig2a di circa quattro volte. [69]
Ashwagandha dimostra di stimolare l’attività dei macrofagi (produzione nitriti) quando inibita da corticosteroidi esogeni, ma anche in situazioni di normalità.
L’assunzione orale di Ashwagandha, a dosi relativamente basse, sembra contrastare significativamente la riduzione dell’attività dei macrofagi in situazioni di stress: in un modello sperimentale, nel ratto sottoposto a stress da freddo, Ashwagandha al dosaggio di 20.5-25.625 mg / kg, è stato in grado di incrementare la fagocitosi da parte dei macrofagi rispetto al controllo ed è stato superato solo dai beta- glucani del Maitake. [76]
L’ aumento dell’attività di fagocitosi, fino al 142%, è stato osservato in vivo anche in altri studi, somministrando l’estratto metanolico al 70% di Ashwagandha a 20 mg / kg, tramite iniezioni intraperitoneali. [77]
Un estratto etanolico al 50% di Ashwagandha (30 mg / kg nei topi per 15 giorni) ha determinato un aumento della produzione delle IL,12 e del TNF,α ma non della IL,10, in un modello di riduzione dell’attività dei macrofagi indotta con desametasone. [69]
Ashwagandha dimostra di stimolare significativamente le cellule Natural Killer non solo nel modello sperimentale ma sembrerebbe ragionevolmente anche nell’uomo.
Nel modello sperimentale, Ashwagandha si è dimostrato in grado di aumentare l’attività delle cellule NK e la loro popolazione sia in animali sani sia in quelli portatori di tumori.
Ashwagandha da solo, o associato ad altre piante medicinali [78] come il Guduchi, Il Tulsi e l’Amla, è in grado di stimolare le cellule NK in ratti portatori di tumori [63]; un estratto etanolico (50%) di radice di Ashwagandha dato oralmente in ratti con tumore, in 9 giorni ha dimostrato di aumentare la popolazione NK del 20-40%. [73]
Nell’uomo, un infuso medicinale contenente Ashwagandha (0,5%), con altre erbe medicinali (per un totale del 4,0%), somministrato a pazienti adulti che dimostravano una bassa attività delle cellule NK, al dosaggio di 2,06 g / die per due mesi, ha aumentato l’attività delle cellule NK del 60% in più rispetto all’infuso placebo; da un’estensione dello studio è risultato che questo effetto è cessato con l’interruzione dell’assunzione dell’infuso [79]; in un altro studio clinico, un estratto di radice di Ashwagandha (3 : 1 estratto etanolico), somministrato due volte al giorno, per quattro giorni insieme a latte intero, ha determinato un aumento delle cellule NK (CD56) e della relativa attività recettoriale anche se con differenze interindividuali [80].
Ashwagandha dimostra di agire indirettamente sui linfociti B infatti un estratto etanolico di radice nel ratto (30 mg / kg), in 15 giorni, in presenza di un antigene (presentato al nono giorno) è stato in grado di promuovere la proliferazione di cellule B con aumento delle cellule CD19 +. [69]
Sempre nel ratto la somministrazione orale di 100-200 mg / kg di estratto metanolico di radice sembra aumentare il titolo anticorpale complessivo (11-16% e 14-30% in condizioni normali sia in condizioni di immunosoppressione tuttavia con potenza inferiore al farmaco di confronto (levamisolo). [74]
Analogamente un aumento del titolo anticorpale è stato osservato in ratti trattati con 20 mg/kg di estratto metanolico al 70% attraverso iniezioni intraperitoneali, tuttavia si è ipotizzato che questo effetto sia stato dovuto al proliferare di cellule che producono anticorpi nella milza. [77]
Ashwagandha dimostra di agire sui linfociti T; un estratto etanolico al 50% di Ashwagandha, somministrato oralmente a ratti, per 15 giorni (con somministrazione di antigene specifico SRBC al giorno 9), ha determinato, a dosaggi medi di 30 mg / kg, la promozione della proliferazione delle cellule T, dei CD3 + e del rapporto CD4 + / CD8 +; si è ipotizzato che questo effetto sia dovuto al witanolide A che è in grado di sopprimere l’ IL-4 e che è in grado di aumentare l’ IFN-gamma e l’IL-1. [69]
Questi effetti sono stati osservati in ratti portatori di tumori dove il dosaggio orale di maggior potenza dell’estratto etanolico al 50% è stato di 200 mg / kg. [73]
In un altro studio sperimentale, 25-200 mg / kg di un estratto metanolico al 50% di Ashwagandha, sono stati in grado di aumentare la secrezione cellulare di IFN-gamma (interferone gamma) con potenza maggiore di 2,5 mg / kg di Levamisolo usato come farmaco di riferimento[74]; l’effetto stimolante su IL-2 di 100-200 mg / kg dell’estratto di Ashwagandha era paragonabile a quello del Levamisolo, ed in entrambi i casi si è osservato un aumento dei recettori CD4 + e CD8+ correlati [74]; questi effetti sono stati anche osservati, con potenza simile, nella sperimentazione (in vitro ed in vivo) di un estratto base acquoso di radice a 100 e 200 mg / kg. [73]
Ashwagandha sembra avere un effetto stimolante dose dipendente sulle cellule Th1 aumentandone il numero di recettori e di modulare positivamente le citochine secrete (IFN-gamma e IL-2). Questi effetti si evidenziano dose dipendenti fino a dosaggi di 200 mg / kg (equivalenti nell’uomo a 32 mg/kg) dell’estratto di radice, e sembrano riferibili anche alla somministrazione orale di dosaggi standard di Ashwagandha. Sempre con l’estratto etanolico al 50% è stata osservata una diminuzione costante, nel range del 15-30%, dell’IL-4 così come avviene per dosaggi di 0,1-100 ng / mL di withanolide A isolato. [69]
Ashwagandha dimostra effetti antivirali [86,88]; numerosi studi in vitro sono concordi nel confermare gli effetti antivirali di Ashwagandha osservati nel suo uso tradizionale; in particolare uno di questi studi dimostra gli specifici effetti antivirali di Withania somnifera Dunal nei confronti ad esempio del virus influenzale H1N1; in questo studio è emerso che il meccanismo d’attività antivirale di Ashwagandha dipenderebbe dalla sua capacità di influire sulle neuroamidasi [84] e in un altro studio è stato chiarito l’effetto antivirale di Ashwagandha nella borsite virale infettiva [85]; è stato dimostrato che in vitro gli estratti acquosi di Aloe ferox e Ashwagandha esercitano specifici effetti antivirali nei confronti del virus Herpes simplex-1. [87]
Ashwagandha dimostra effetti antibatterici; moderatamente attivo nell’inibire Trichophyton mentagrophytes (valore MIC di 3,125 mg/mL), Staphylococcus aureus (valore MIC di 6,25 mg/ml) e il suo ceppo resistente alla Meticillina noto come MRSA (valore MIC di 12,5 mg / mL). [81]
Nella tubercolosi polmonare, si sono ottenute risposte positive somministrando 500 mg di Ashwagandha [82] due volte al giorno per 28 giorni insieme ai farmaci anti tubercolosi standard (rifampicina, pirazinamide, ethambutol, isoniazide); nello studio si è notato un aumento significativo delle IgG e delle IgM nonché della conta totale dei globuli bianchi (monociti e eosinofili) senza influenzare neutrofili e linfociti, con una significativa riduzione della carica batterica rispetto al gruppo di controllo. [83]